TOKYO. TSUKIJI — NICOLA TANZINI


a cura di Benedetta Donato

Nel corso degli ultimi due anni, lo sguardo di Nicola Tanzini si aggira per Tokyo, soffermandosi su Tsukiji (in giapponese 築地市場 Tsukiji shijō), il mercato ittico più grande del mondo, situato dal 1935 nell’omonimo quartiere al centro della città. Considerato luogo sacro dai ristoratori giapponesi, ha visto accrescere in maniera esponenziale la sua fama, al punto da essere divenuto una delle attrattive maggiormente visitate dal turismo internazionale, che ora rischia di perdere la sua identità, a causa della dislocazione in una diversa area, le cui operazioni inizieranno ad ottobre del 2018, per concludersi con la sua definitiva ricollocazione entro il 2020.
Lo scenario in cui si è svolta la realizzazione di questo lavoro è la parte interna al mercato (jonai shijō), frequentata dai grossisti e divenuta famosa per le aste dei tonni, delimitata dall’area esterna (jogai shijō) in cui si svolgono le attività commerciali al dettaglio.
L’autore, profondo conoscitore della realtà giapponese e della città di Tokyo in particolare, concentra la propria attenzione verso il cuore pulsante di questo luogo, osservato nel momento in cui si sta spopolando da avventori, acquirenti e curiosi, puntando l’obiettivo sui venditori di pesce, ripresi nella fase di decompressione fisica e mentale, che sopraggiunge dopo interminabili ore, nella tarda mattinata e corrisponde al termine della giornata lavorativa.
In Tokyo. Tsukiji, la prospettiva assunta da Tanzini risulta inedita e il luogo viene restituito in una veste ancora sconosciuta, durante il rallentamento delle attività, che precede il termine delle stesse e coincide con una fase di preparazione necessaria, ad affrontare la porzione di tempo e di mondo rimasta fuori. Le persone vengono riprese in maniera spontanea, cogliendone la vena di genuinità e riportandole come un esempio di libera catalogazione umana, che l’autore riesce a captare, sistematizzare e a rivelare, in un serrato diario visivo di espressioni, atteggiamenti, situazioni e comportamenti, su cui si concentra, mai in maniera frettolosa, per esaltare dettagli e minime espressioni rilevanti di quel momento di vita. La macchina fotografica diviene estensione dello sguardo dell’autore, attraverso la quale egli trascrive le sue intercettazioni visive con l’intento di soffermarsi sui soggetti inquadrati, per riportarne un’interiorità intesa come sensazione totale, di interpretarli quali figure allegoriche facenti parte di una metafora molto più ampia, mirando a rappresentare lo spazio della tregua. Il mercato di Tsukiji è il contesto che diviene pretesto per sintonizzarsi con un aspetto preciso, corrispondente alla dimensione di sospensione, inserita tra qualcosa che termina e un nuovo inizio. Prima di ricominciare ad affrontare tutto il resto, esiste uno spazio caratterizzato da abitudini, momenti di meditazione e rituali quotidiani, intercettati e messi a fuoco in quel frangente specifico, che si traduce in qualche interminabile attimo, destinato per sua stessa natura, a non prolungarsi e a rivelarsi transitorio.
Nello scorrere dei frammenti, il ritmo apparentemente dinamico degli scatti, inizia a caratterizzarsi di pause che attirano l’attenzione, oltre la realtà contingente. Ed ecco che Tsukiji, nel punto di vista scelto dal fotografo, appare come un teatro in bilico tra risoluzioni e ripartenze, che precede imminenti evoluzioni ancora ignote. Mete verso cui ci si rivolge, in una calma solo apparentemente definitiva e, al tempo stesso, carica di tensione, comune alla dimensione disordinata, confusa, talvolta paradossale dell’esistenza umana contemporanea.