HERITAGE-NATIF — MARIE HUDELOT


a cura di Carine Dolek

La nascita dell’arte, uno dei temi principali affrontati da Georges Bataille, è l’assenza del volto umano nelle famose pitture rupestri. In esse la maggior parte delle figure sono animali e quando si ha la raffigurazione di un essere umano, il volto è sempre nascosto, coperto o sostituito con una maschera animalesca. Utilizzando la propria storia familiare e le proprie origini franco-algerine, Marie Hudelot si muove in quello spazio tra memoria e oblio, visibile e invisibile, passato e presente, astratto e figurative, nel quale costruiamo le nostre identità come individui e come società.

Hudelot ci invita a muoverci attraverso le nostre percezioni, rompendo lo strato superficiale della nostra alterità. Nella serie Heritage, crea dei ritratti totemici usando i simboli dei suoi due Paesi d’origine, per ricomporre e fissare un simbolico e virtuale sé. Il camouflage permette di dare corpo alla complessità, nascondendo sotto il simbolo un soggetto di cui si riesce a malapena a vedere la pelle. L’ananas per l’esotismo, l’elmetto Adrian per la Prima Guerra Mondiale, le piume per la borghesia, le radici per la terra natale, la sciarpa… in questa sorta di sciamanico cucù, il dentro e il fuori sono rovesciati e quello che si mostra è molto più prezioso di quanto ci si possa aspettare. Le piume delicate, il vecchio prezioso elmetto, i materiali leggeri, le fragili piante e radici, i capelli meticolosamente pettinati sono tesori quotidiani del sé così forti da poter rappresentare un intera vita.

Come un’eco di Heritage, la serie Native mette in scena la ricerca di Hudelot nelle sue radici africane, dalla nonna Kabyle, al nonno di origini sub-sahariane al patrigno Senegalese. In un mondo post-coloniale globalizzato, gioca con l’immaginazione e dà vita a una fittizia famiglia panafricana: il Re, la Regina, il Voodoo, lo schiavo e il capo militare, il ricco e il povero, il debole e il forte, tutte figure evocative ricollocabili nei nostri potenziali alberi genealogici.

Nei suoi lavori, servendosi di maschere, elmetti, sciarpe, teschi e bandiere che si contrappongono alle pose del ritratto pulito, classico e borghese delicatamente illuminato, Hudelot crea spazio per una narrativa del sé senza soluzione di continuità, aperta e mai finita. Perché oggi, proprio come nelle cave di Lascaux, nessuno ha una fine.