Location: Palazzo Ducale, Cortile Carrara, 1


ABBAS – THE IRANIAN REVOLUTION 1979

a cura di Enrico Stefanelli
in collaborazione con Magnum Photos

Rovesciando una delle più antiche monarchie del mondo nel 1979, gli iraniani hanno vinto la prima rivoluzione islamica moderna del mondo. In principio la rivolta contro lo Scià fu alimentata più dalla fame di democrazia del popolo che dal fondamentalismo religioso dei mullah. Come in molte rivoluzioni, furono gli estremisti poi a prendere il controllo dopo aver sconfitto il nemico comune. Il movimento popolare iraniano per la democrazia perse di conseguenza l’appoggio dei teocrati. L’Iran aveva cercato di costruire pacificamente una democrazia, per avere la libertà di scegliere chi li governasse, che gli venne strappata dal sotterfugio americano e britannico.

Il primo ministro Mahammad Mossadegh ritenne moralmente ed economicamente sbagliato che la Gran Bretagna controllasse il petrolio dell’Iran attraverso la compagnia petrolifera anglo-iraniana, per lo più di proprietà del governo britannico. Nel 1951 si prodigò per nazionalizzare l’industria petrolifera con il supporto quasi unanime del parlamento iraniano. Con il sostegno dell’MI6 britannico, la Central Intelligence Agency americana progettò la caduta di Mossadegh in un colpo di stato che trasformò Mohammad Reza Shah Pahlavi da un monarca debole e costituzionale in un brutale autocrate.

Spinto dalla CIA, lo scià cercò di schivare il Parlamento e di licenziare il Mossadegh, con l’aiuto di un colpo di stato militare. Una campagna psy-ops manovrata dalla CIA fece presa su Mossadegh, che si vedeva, da una parte dipinto dalla propaganda come Comunista, e dall’altra attaccato dai monarchici che manifestavano per la sua caduta. La Cia mandò all’aria il colpo di stato. Mossadegh resistette. Lo scià fuggì a Roma.

Gli americani, usando la finta minaccia comunista, spinsero i militari iraniani ad unirsi e riprovare un secondo colpo di stato. Lo stratagemma funzionò. Il governo iraniano eletto democraticamente cadde il 19 agosto 1953. Il primo ministro fu arrestato e un tribunale militare lo dichiarò colpevole di tradimento.

Quel triste episodio ha posto le basi per la rivoluzione ventisette anni dopo, quando il mondo ha visto gli studenti iraniani infuriati esibire documenti della CIA, una volta segreti, presso l’ambasciata americana sequestrata, dopo aver bendato e legato sessantasei prigionieri. Il leader della rivoluzione, l’Ayatollah Ruhollah Khomeini, aveva cercato di assicurare a un pubblico straniero il disinteresse dei chierici iraniani a governare il paese. “La nostra intenzione non è che i leader religiosi debbano amministrare loro stessi lo stato”, ha detto Khomeini a Le Monde poco prima di tornare dall’esilio in Francia per guidare la rivoluzione nei suoi ultimi giorni. Sembrava esserci una speranza tremula per la democrazia iranian, ma ancora oggi gli iraniani lottano per riguadagnare la libertà rubata nel 1953.


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