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LA RIVELAZIONE UMANA – ROMANO CAGNONI

a cura di Benedetta Donato

La migliore fotografia per me è un documento umano di impatto visivo. Documento nel senso che si relaziona all’esistenza. Umano perché racconta lo stato d’animo del prossimo. E tutto questo deve avere un impatto visivo che lo renda memorabile.
(Romano Cagnoni, Maledetti Fotografi, intervista pubblicata nel 2015)

Essere sul posto e scegliere di raccontare la realtà attraverso i volti e le storie degli uomini, riuscendo a metterne a fuoco gli stati d’animo, è la strada intrapresa da Romano Cagnoni per rivelare la storia nello svolgersi di cambiamenti e rivoluzioni.
Ecco che la narrazione di accadimenti destinati a modificare irreversibilmente l’ordine del mondo – dal fotoreporter ampiamente documentati – diventa un susseguirsi di frammenti in grado di suscitare stupore, quando il punto di vista adottato sposta l’attenzione sull’elemento meno evidente, quello più impercettibile, al di là della cronaca fotogiornalistica ordinaria.

Si tratta di un’operazione innovativa che il fotografo attua, comunicando la propria idea di realtà e restituendola in una visione inedita. Una sfida continua perpetrata sul campo: dal lavoro sul Vietnam del Nord (1965), quale unico fotografo occidentale ad essere ammesso nel territorio, ai pluripremiati reportage in Biafra (1968-1970), fra i primi corrispondenti a documentare il fenomeno dei bambini che morivano di fame, delle masse che perdevano l’individualità, degli oppressi che tentavano di emergere come popolo della resistenza; e ancora dal Cile prima del Golpe per mano di Pinochet (1971), all’Argentina durante il ritorno di Peron (1972), fino alla rivoluzione in Romania (1989) o ad ardite e mai sperimentate produzioni, come l’allestimento di improbabili set nei campi di combattimento, per ritrarre i guerriglieri ceceni o l’utilizzo del banco ottico, per riportare la distruzione del conflitto in ogni suo minimo dettaglio nei territori della ex Jugoslavia.

Ripercorrendo il suo lavoro, appare evidente come qualunque scelta risulti scaturita da un processo creativo in costante evoluzione, finalizzato alla produzione di rappresentazioni nuove che, pur muovendo da situazioni di stravolgimenti e conflitti, sovvertono le abituali risultanze del reportage – genere cui è sempre rimasto fedele – aggiungendo di volta in volta un elemento inaspettato. Una spinta alla riflessione, una tensione continua, oggi riconosciuta come quella capacità di saper vedere oltre i fatti, che è racchiusa in rappresentazioni destinate a permanere ‘memorabili’ nella storia.