The Documentary Portraiture — SIMONA GHIZZONI

L’alleato più prezioso che ho quando fotografo è il tempo. Di tutti i lavori che ho fatto in questi anni, quelli che hanno non solo caratterizzato il mio percorso lavorativo, ma che mi hanno cambiato come fotografa e come persona sono i progetti a lungo termine.

A partire da Odd Days, il mio primo progetto sui disturbi del comportamento alimentare, fino ad Uncut, sulle mutilazioni genitali femminili, l’essenziale nei miei lavori è sempre stata la relazione che ho instaurato con le persone che ho incontrato.
Sono una fotografa lenta, e in questa lentezza, nella costruzione di rapporti coi soggetti, trovo la mia espressione più autentica. Fotografare le persone, familiari o sconosciute che siano, implica infatti una spiccata attitudine all’ascolto, una propensione al dialogo e al contatto emotivo che permetta di abbattere le reciproche differenze e diffidenze. Solo così si può provare, forse, a rivelare attraverso il ritratto tanto l’intima essenza del singolo quanto l’universalità della condizione umana.

Durante i due giorni di workshop vorrei condividere con gli studenti le mie esperienze e il mio percorso lavorativo. Gli studenti saranno incoraggiati a riflettere sul proprio approccio al lavoro fotografico, e in particolare al ritratto, attraverso un’approfondita discussione collettiva e diversi momenti in cui lavoreremo all’editing e alla sequenza delle fotografie.
Esploreremo come sviluppare e perfezionare lo stile e la visione personale.
Ci concentreremo sulla pianificazione di progetti a lungo termine: come concepirli, ricercarli e finanziarli.

Il workshop è indirizzato principalmente a fotografi che si avvicinano alla professione e studenti che abbiano già iniziato un progetto, sia di reportage che di ricerca personale.


BIOGRAFIA DOCENTE

Simona Ghizzoni è nata a Reggio Emilia nel 1977. Ha iniziato la sua carriera studiando Musica e Arti, un’influenza che continua ad essere presente nel suo lavoro. Dal 2005 si occupa progetti documentaristici che riguardano principalmente la condizione della donna; allo stesso tempo conduce una ricerca sull’autoritratto dal titolo Rayuela, una riscrittura immaginifica del quotidiano. Tra i suoi lavori più conosciuti, Odd Days, un progetto a lungo termine sui disturbi dell’alimentazione e sul lungo e difficile percorso di guarigione; la serie è stata premiata al World Press Photo 2008 e al PhotoEspaña Ojodepez Award for Human Values 2009. Dal 2010 ha prodotto diversi capitoli di Afterdark, un’ indagine sulle conseguenze dei conflitti sulla vita delle donne nell’ area del Mediterraneo: Giordania, Cisgiordania, Striscia di Gaza e Sahara Occidentale. Nel 2013 ha diretto il suo primo documentario, dedicato alle donne vittime della sparizione forzata nei territori occupati del Saharawi Just to Let you so che I’m Alive (64′ S. Ghizzoni/ E. Zuccalà. 2013, produzione Zona – Roma/Meriem Belala – Algeri). Dal 2015 lavora ad UNCUT, sulle mutilazioni genitali femminili in Africa e in Europa, prodotto dallo European Journalism Grants e ActionAid. Il suo lavoro è stato pubblicato, tra gli altri, su The International New York Times, L’ Espresso, Io Donna, il Corriere della Sera, El Paìs e premiato dalla World Press Photo, Poyi, the Aftermath project, BBC Arabic Film and Documentary Festival, Margaret Mead Film Festival, Leica Oskar Barnack Award, Sony World Photography Award. Ghizzoni è co-fondatrice di MAPS / www.mapsimages.com e di ZONA / www.zona.org


in collaborazione con

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