AFTER THE FLOOD — JOAKIM KOCJANCIC


Quando raccontiamo l’alluvione del 1996 in Versilia e Garfagnana non sappiamo bene come definirla: “disastro” o “catastrofe”? La catastrofe è la devastazione pressoché totale che annienta o piega luoghi e individui per sempre o per molto tempo; il disastro è ancora un evento improvviso e distruttivo, ma che consente a comunità, famiglie e persone di ricostruire il loro domani, dopo una prima fase drammatica e sconvolgente.
In questi termini, l’alluvione del 1996 è stata più un disastro che una catastrofe. La maggiore differenza l’ha fatta il post-alluvione, che è divenuto un modello di ricostruzione non solo di case, strade e ponti, ma soprattutto di solidarietà, rapporti umani e comportamenti collettivi. Le antiche comunità di Cardoso e dintorni sono rimaste negli stessi luoghi della tragedia, dove vivevano da secoli e dove hanno lentamente ricostituito, dopo l’alluvione, il loro tessuto connettivo.

Se il volto è lo specchio dell’animo umano, solo la fotografia può fissarne il dolore o la speranza, a seconda del tempo trascorso dal disastro. La fotografia ha anche il potere unico di narrare la storia di una terra ferita attraverso le sembianze e le pose dei suoi abitanti.
Per questi motivi Joakim Kocjancic ha raccolto le immagini di una comunità ritrovata venti anni dopo l’alluvione e forse divenuta, col tempo, più consapevole dei rischi ancora presenti. Le sue immagini mostrano gli sguardi di persone temprate dall’esperienza, con qualche segno di tristezza negli occhi di alcuni di loro. Le fotografie ci danno un senso di luogo senza tempo o forse di un tempo sospeso tra questo e l’altro secolo. È sicuramente il primo lavoro sull’alluvione del 1996 senza immagini di distruzione e di ricostruzione. Non ci sono le storie di quei giorni, ma il ricordo finalmente sollevato di molti anni dopo.

Dopo qualsiasi disastro, il problema è sempre lo stesso: conservare la memoria di quanto accaduto. Non è soltanto un problema di cultura storica o di celebrazione di un evento rilevante e drammatico per stringere i legami di una comunità. La conoscenza del passato e le competenze sono soprattutto utili a costruire comunità più resilienti per rispondere ai potenziali pericoli geologici.
Limitarsi al solo ricordo dell’evento distruttivo è sbagliato, poiché le immagini di terrore e disperazione tendono ad essere rimosse dalla mente umana o a permanere in una sfera di incubo o sogno irreale. C’è anche bisogno di immagini positive e di momenti di reazione collettiva, non troppo distaccati dall’alluvione, ma conseguenti, per rendere il disastro un mostro vincibile. Il lavoro fotografico di Joakim Kocjancic serve sicuramente anche a questo.

(da un testo di Alessia Amorfini e Antonio Bartelletti)