Location: Palazzo Ducale, Cortile degli Svizzeri 1
Orari: Lunedì – Giovedì 15:00 – 19:30 / Venerdì – Domenica 10:00 –  19 :30


DELIGHT IN COLOUR: AUTOCHROMES AND THE GARDEN

A cura di Catlin Langford e Lisa Springer
In collaborazione con Victoria and Albert Museum, Londra

Il colore è l’essenza stessa del piacere del giardino, e senza di esso, non importa quanto sia grande l’abilità tecnica del fotografo, anche la migliore delle fotografie in bianco e nero sarà un fallimento.
Robert M. Fanstone, Garden Photography by the Screen-Plate Process, 1922

L’autocromia è il primo processo fotografico a colori ad essere introdotto sul mercato, nel 1907. Inventato dai francesi fratelli Lumière, il procedimento fu una vera e propria rivelazione: grazie ad esso si potevano ottenere delle fotografie a colori semplicemente utilizzando un apparecchio fotografico dotato di lastre di vetro e un set per autocromia. Riflettendo sulla sua passione per le autocromie, il fotografo americano Alvin Langdon Coburn affermò di essere in preda alla “febbre del colore”.

Illuminato dalla luce naturale, facilmente accessibile e pieno di diverse piante colorate, il giardino è uno dei soggetti più rappresentati nelle autocromie. Le immagini realizzate con questo procedimento celebrano il colore dei giardini e i toni unici associati al passare delle stagioni: i primi narcisi gialli della primavera, la fioritura rosa dei gerani in estate e le foglie arancioni dell’autunno, che anticipano l’avvicinarsi dell’inverno. Dai giardini costruiti seguendo precisi schemi formali ai paesaggi selvaggi, queste fotografie svelano l’architettura dei giardini dei primi del Novecento e le piante più popolari. Tra queste, il rododendro – di cui si conservano moltissime immagini – pianta molto desiderata per la sua rarità, le sue origini esotiche e la sua associazione con ricchezza e prestigio.

Le autocromie possono essere viste solo quando illuminate. All’epoca della loro invenzione, venivano fruiti attraverso proiezioni, retroilluminazione con lampade o, più semplicemente, appoggiando le lastre ai vetri delle finestre. Sono però oggetti estremamente sensibili alla luce e l’esposizione prolungata a fonti luminose fa sbiadire le lastre. Per questo motivo, in mostra non sono esposti gli originali, ma una serie di riproduzioni organizzate in una proiezione che ne ricorda la fruizione originale, trasportando i visitatori agli albori della fotografia a colori.

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Il Victoria and Albert Museum di Londra possiede una collezione di autocromie di importanza internazionale, che raccoglie oltre 2.500 lastre datate tra il 1907 e il 1934. La collezione annovera tra i più importanti artisti e fotografi dilettanti del periodo, tra cui Henry Essenhigh Corke, Hugh C Knowles, G S Sansom, A W M Dickins e John Cimon Warburg. Questi fotografi erano affascinati dalla resa che questo procedimento garantiva negli studi sulla natura e sul giardino. In gran parte inedita, la collezione di autocromie del V&A è stata recentemente digitalizzata e costituisce la base di una pubblicazione di prossima uscita, Colour Mania: Photographing the World in Autochrome, a cura di Catlin Langford ed edita da Thames & Hudson  in collaborazione con il V&A.